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Palermo In…visibile

Descrizione storico-artistica

In questo itinerario sulla città di Palermo, affronteremo, infatti un argomento per molti insolito e sconosciuto ma sicuramente di degna curiosità: Palermo Sotterranea. Il nostro obiettivo è quello di dare ai turisti ma anche ai visitatori “per casa”, cioè gli autoctoni, una panoramica generali sulle bellezze, la storia e i misteri che avvolgono, tutt’oggi, i sotterranei ipogeici della nostra Panormus.

Palermo, Viene raffigurata negli antichi scritti come un grande scoglio in calcarenite circondato dai fiumi Kemonia e Papireto, Oreto, Passo di Rigano. La piana di Palermo, già dai tempi preistorici, era priva di sorgenti idriche di superficie, a parte le numerose polle lungo il fiume Papireto. L’acqua, infatti scorreva copiosa nel suo sottosuolo. Questa, è una delle ragioni principali che ha spinto le popolazioni arcaiche a scavare pozzi e gallerie idriche sotterranee per attingere l’acqua del sottosuolo.

Gli antichi sceglievano bene ed accuratamente il luogo dove istallarsi, e Panormus era proprio una di questi siti; apprezzata per l’abbondanza delle sue acque e per il suolo in pietra arenaria calcarea o più comunemente calcarenite che aveva la caratteristica di risultare tenera ma allo stesso tempo resistente, e di buona coibenza termica ed acustica tanto da essere utilizzata sia per la realizzazione di cavità e grotte naturali, che come materiale edile.

Nel nostro itinerario sotterraneo, partiremo proprio dalle sponde gradinate dei fiumi Papireto e Kemonia, che la furia dell’acqua corrodeva naturalmente, e dove successivamente gli uomini realizzarono, grazie alla presenza del manto calcarenitico più tenero, grotte, gallerie, chiesette ipogee, pozzi, bagni, alloggi ma anche complessi cimiteriali come la Catacomba di Porta d’Ossuna sull’argine settentrionale del fiume Papireto e la Catacomba di San Michele Arcangelo nei pressi del letto del fiume Kemonia.

CATACOMBA PALEOCRISTIANA DI PORTA D’OSSUNA

Questi complessi cimiteriali ipogei testimoniano proprio il ruolo svolto dal Cristianesimo per la città di Palermo. Essi sorgevano nei pressi dei fiumi, anche perché la pietra risultava essere, a causa dell’acqua più duttile alla sua lavorazione. La Catacomba è scavata nella roccia (Calcarenite giallastra) a Nord-Ovest della depressione naturale del Papireto ma venne successivamente troncata dalla costruzione dei cinquecenteschi bastioni.

L’ingresso attuale, come è visibile oggi, è in Corso Alberto Amedeo, 110 decorato da un sobrio portale realizzato sotto il regno di Ferdinando I di Borbone, come si legge nella iscrizione posta a coronamento dell’architrave di ingresso. Superato il portale di ingresso ci soffermiamo in un vestibolo circolare realizzato anch’esso nel 1785.

L’ingresso originale della Catacomba, presentava una doppia rampa gradinata, tutt’oggi visibile a Sud-Ovest.

E’ visibile all’interno della Catacomba, l’organica distribuzione degli spazi, l’ampiezza degli ambulacri e la monumentalità dei cubicoli.

Presenta una serie di gallerie orientate in senso Nord-Ovest con all’incrocio alcuni lucernari per garantire l’aerazione e la luce. Questi lucernari si aprono in un giardino sovrastante che purtroppo oggi versa in un cattivo stato di abbandono, a causa dell’abbandono e della non curanza dei vecchi proprietari. Oggi è di proprietà della Sede Pontificia, che provvederà in accordo con il Comune di Palermo a risistemare l’area il prima possibile.

Anticamente, infatti era consuetudine realizzare la Catacomba sotto dei giardini ricchi di aromi e fiori così da permettere l’ingresso di aria profumata.

Lungo i corridoi vi sono numerosi arcosoli, polisomi e cubicoli a trifora. Gli arcosoli sono sepolture incassate in nicchie con aperture ad arco; i polisomi, a differenza dei primi presentano più archi. Essi accoglievano più corpi ed avevano la disposizione delle tombe a gradini. I cubicoli sono invece delle vere e proprie camere da letto a pianta quadrangolare con tre arcosoli detti a trifora. Sulle pareti vi sono inoltre numerosi loculi e incavi di piccole dimensioni: alcuni per accogliere corpi ed altri per posizionare lucerne e offerte dei parenti. Altri loculi venivano posti a terra lungo i corridoi della catacomba.

Le pareti erano certamente intonacate e dipinte secondo quanto possiamo notare in un cubicolo dove è ancora visibile, nonostante l’alto tasso di umidità presente in quest’area, tracce di intonaco bianco e di colore rosso.

A sud-ovest si può notare un cubicolo monumentale particolare per la sua grandezza e per la presenza di un basamento trapezoidale con probabile funzione di Mensa.

Questo cubicolo veniva utilizzato come Frigerium, ciò testimonia la sua particolare forma e la presenza della mensa centrale.

I riti del Frigerium, contenuti nel culto dei morti tipico delle società antiche, prevedevano una serie di atti rituali svolti dai parenti in ricorrenze prestabilite. La catacomba non era infatti un luogo di culto, ma un luogo pubblico dove i parenti pregavano e ricordavano il caro estinto. Spesso all’interno del Frigerium si trovavano infatti pozzi per attingere l’acqua e triclini per radunarsi durante le ricorrenze e le festività e la mensa in pietra come appoggio per consumare anche banchetti. Proprio per la loro utilità erano tante le stanze  all’interno della Catacomba che svolgevano questo particolare rito.

Una delle tesi più accreditate, infatti, riguardo la vicina grotta dei così detti “Beati Paoli”, è quella di considerare quest’ultima, ancora prima che una grotta per adunanze di sette ancora non accertate, come una delle tante stanze del frigerium della Catacomba di Porta d’Ossuna prima che la costruzione della cinquecentesca cinta muraria sezionasse e mutilasse la Catacomba stessa. Tesi come dicevo molto accreditata per la presenza del tessuto calcarenitico tipico della Catacomba che prevedeva l’uso del “togliere per costruire”, cioè scavare la pietra per costruire locali ipogei.

Prima di visitare la grotta consigliamo di soffermarci a visitare le mura bastionate visibili in Corso Alberto Amedeo, proprio di fronte l’entrata

Il Bastione ha forma pentagonale ed è alto dai 6 agli 8 metri. Sopra il bastione spicca il Palazzo del Marchese Guccia con il suo giardino pensile risalente alla fine del XVIII secolo. Il giardino fu in passato la sede dell’arena cinematografica A. Amedeo. Oggi invece si trovano magazzini artigianali ai quali si accede attraverso un grande cancello in ferro posto sempre sulle mura bastionate.

Il sotterraneo del bastione oggi è a livello stradale visto che vi un elevato dislivello stradale del Corso Alberto Amedeo con la Via Guccia. Il tetto del sotterraneo è a volte a botte e il calpestio è in terra battuta. La parte bassa del sotterraneo si raggiunge attraverso anche una scala ripida e stretta con 15 gradini.

Recentemente il bastione è stato interamente ripulito e illuminato e in occasione dei lavori di restauro è stata effettuata una piccola feritoia chiusa da una grata per facilitare l’accesso al sotterraneo.

L’interno è utile per comprendere la larghezza del camminamento e lo spessore del bastione stesso.

Il camminamento interno durante l’ultimo conflitto è stato utilizzato straordinariamente come rifugio antiaereo, nonostante le norme di sicurezza prevedevano delle vie secondarie di uscita, inesistenti nel bastione. Ogni famiglia occupava un’area del camminamento dove collocarsi in attesa del bombardamento. Non tutto il bastione però era praticabile. Parte delle zone erano del tutto inagibile a causa dell’umidità e del materiale di riporto che occludeva le aree. Ma si rese subito necessario, a causa della mancanza di spazio, di scoprire e utilizzare nuove parti del camminamento anche se non particolarmente comode tanto da rimanere a sostare rannicchiati.

Continuando per il nostro itinerario si indirizzeremo verso Piazza Beati Paoli, al Transpapireto, nella zona della città alle sponde dell’omonimo fiume che ospitava al tempo degli arabi gli Schiavoni.

In questa piazza, al vicolo degli Orfani, è visibile l’entrata alla famigerata grotta dei Beati Paoli.

La storia dei Beati Paoli si tramanda per mezzo di una tradizione orale raccolta nel settecento negli “Opuscoli palermitani” del marchese di Villabianca, che già però al tempo in cui egli visse, non esisteva più.

Si pensa che la setta nasce in seguito allo strapotere dei nobili palermitani che sostituendosi alla giustizia statale, allora pressoché inesistenze, avessero l’abitudine di fare soprusi alla povera gente.

Del rituale adottato da questa ipotetica società segreta non sappiamo nulla, è possibile però che usassero, per comunicare criticamente, un proprio linguaggio convenzionale.

Il Luogo di riunione della setta è stato identificato nei pressi della chiesa di santa Maria dei “Canceddi” che erano un tempo le ceste adoperate per trasportare le merci.

La grotta, presenta varie testimonianze tramandateci inizialmente dal marchese di Villabianca nei suoi famosi “Opuscoli Palermitani” del 1790, e successivamente da altri studiosi e storiografi come Bruno Arcano “Sopra una pagina di storia municipale” del 1873, Vincenzo Di Giovanni “La topografia antica di Palermo dal X al XV secolo” del 1889-1890, e infine da A. Salerno “Palermo sotterranea” del 1940. Tutti questi studiosi concordano con il fatto che si trattasse di una grotta per adunanze plenarie o come camera dello scirocco per la presenza della vasca, del pozzo e della apertura centrale a forma di occhio per prendere l’aria e la luce e per permettere l’evaporazione dell’acqua così da refrigerare l’ambiente. E’ importante comunque notare anche la lavorazione delle pareti calcarenitiche della grotta che rimandano alla già citata catacomba d’Ossuna.

Era infatti consuetudine quella di utilizzare i cubicoli e le zone ipogeiche arcaiche della città sotterranea per notevole altri usi successivi, così da riadattare i luoghi alle varie esigenze legate ai periodi storici. Del resto il riutilizzo e la disastrosa spoliazione dei monumenti antichi, era una pratica già da molti secoli utilizzata per la realizzazione dei monumenti cittadini, ed aveva anche dei fondamenti religiosi legati alla abnegazione da parte della nuova religione, sia essa musulmana che cristiana, nei confronti della religione ad essa precedente.

Comparare le varie testimonianze pervenuteci dai storici sopra elencati ci permette anche di comprendere l’iter evolutivo che ha subito nel corso dei secoli la grotta.

Il Villabianca infatti ci riporta l’esistenza di una stanza entrando a sinistra (oggi non visibile perché tompagnata), più piccola e più buia con una mensa centrale in pietra (che ricorda la mensa utilizzata e visibile nella stanza del Frigerium della Catacomba), e riferisce anche la presenza di un sedile semicircolare che presenta degli incavi dove porre le armi. Non fa cenno però sull’esistenza del pozzetto, che sicuramente già esisteva ma che forse lui non ha visto o ha dimenticato di menzionare, e non cita neanche la vasca, visibile oggi entrando sulla sinistra. Il sedile semicircolare è ancora oggi esistente anche se sembrerebbe essere differente da quello descritto dal Villabianca, perchè non vi si trovano più gli incavi per custodirvi le armi.

Gli scrittori successivi al Villabianca, in particolar modo l’Arcano e il Di Giovanni, non citano la presenza del tavolo in pietra, probabilmente utilizzato coma base per realizzare il muro posto a separazione delle due stanze. Riferiscono che si accedeva alla grotta dal palazzo del Barone Blandano (Palazzo Baldi Blandano), in Via Beati Paoli, 35, dove è ancora visibile la targa con su scritto “Antica sede dei Beati Paoli”.

L’assessorato al Turismo in comunione con il CAI di Palermo stanno provvedendo ad effettuare nuovi saggi perlustrativi nel sottosuolo di Palermo alla ricerca di nuovi cunicoli sotterranei collegati e per accertare se ciò che ci tramandono i storiografi nei loro scritti, siano notizie reali o fallaci.

All’interno della grotta, sul lato destro possiamo notare un saggio effettuato già anni fa dal Settore del Centro Storico, in cui è stato trovato un tetto voltato. Probabilmente trattasi di una antica stanza posta ad un livello inferiore rispetto la grotta, alla quale ci si accedeva grazie ad una scala e che potrebbe trattarsi della stanza citata dal Villabianca dalla quale si dipartivano le strette gallerie che si indirizzavano verso vicolo degli Orfani l’una; e verso il Chiano della Guilla l’altra, che anticamente faceva anch’essa parte della paleocristiana Catacomba.

Apr

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  1. […] Palermo In…visibile […]

    Pingback di Domenica, 19 Aprile : Palermo in…visibile « La Maison de France — 14 Aprile 2009 il 18:59

  2. […] Et voici les photos de cette journée culturelle dédiée au patrimoine souterain de la ville de Palerme. Nous remercions les guides et tous les participants, bien entendu. Le programme détaillé de cette journée est disponible ICI et un article plus complet pour approfondire le sujet est disponible ICI. […]

    Pingback di Domenica 19 aprile 2009: Palermo In…visibile … Les Photos ! « La Maison de France — 23 Aprile 2009 il 19:24

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